CHIGIANA CONFERENCE 2021

“Musica e potere nel lungo XIX secolo”
2-4 dicembre 2021

L’uso della musica e delle altre arti come strumento per rappresentare ed esercitare il potere è un aspetto ampiamente indagato negli studi sulla società dell’antico regime e del XX secolo, perlopiù in relazione alle questioni dell’assolutismo e delle dittature. Il presente convegno approfondisce invece questo tema nel contesto del “lungo XIX secolo” (1789-1914 circa): l’età della rivoluzione industriale, del liberalismo e dei conflitti sociali, del nazionalismo e del colonialismo.

Il termine ‘potere’ non è inteso solamente in un’accezione strettamente politica, nel senso cioè del potere degli Stati, o della dominazione esercitata da una nazione o da un’etnia su un’altra. In linea con le più recenti riflessioni storiografiche e filosofiche, la portata del concetto è estesa a tutti gli aspetti della vita sociale in cui le relazioni di dominio/sottomissione sono significative. L’ambito geografico preso in esame è il mondo occidentale (Europa e Americhe), inclusi i territori extraeuropei assoggettati alla dominazione coloniale, o comunque influenzati da essa. Le relazioni coprono l’intero campo dell’esperienza musicale senza limitazioni di genere, spaziando dalla musica sacra a quella strumentale, dal teatro musicale alla canzone popolare.

Le sessioni del convegno verranno trasmessi in diretta on-line su questa pagina.
Tutti gli orari sono ora italiana UTC+1.

COMITATO SCIENTIFICO

Massimiliano Locanto, Esteban Buch, Fabrizio Della Seta, Markus Engelhardt, Axel Körner, Fiamma Nicolodi, Antonio Rostagno, Carlotta Sorba.

COMITATO ORGANIZZATIVO

Susanna Pasticci, Antonio Artese, Stefano Jacoviello, Matteo Macinanti, Anna Passarini, Nicola Sani, Samantha Stout

KEYNOTE 1

AXEL KÖRNER
Universität Leipzig

Music, Power, and the Changing Semantics of Time in the Long Nineteenth Century

giovedì, 2 dicembre alle 17.20

KEYNOTE 2

CARLOTTA SORBA
Università di Padova

Palchi reali nei teatri italiani del primo Ottocento: spazi, pratiche, significati

sabato, 4 dicembre alle 9.30

L’intervento prende spunto da uno dei quesiti proposti nella call for papers del convegno: quali sono le categorie interpretative più efficaci per esplorare le relazioni tra il dominio musicale e quello visivo? In risposta a questa domanda, la relatrice suggerisce di rivolgere particolare attenzione alla categoria della sound art, un ampio e articolato insieme di pratiche interdisciplinari che si sono sviluppate nell’ ultima parte del ventesimo secolo. Che cosa è, dunque, la sound art? Quali sono i suoi legami con la musica e le arti visive? In che misura questa categoria può stimolare pratiche che attraversano, incrociano e superano i confini tra le varie discipline? E come può aiutarci a interpretare il connubio tra sonoro e visivo che pervade l’arte e la vita contemporanea? E infine, nella prospettiva della ricezione, in che modo la sound art ha contribuito a rimodellare, e forse anche a intensificare, l’esperienza dell’ascolto?

Leslie Korrick è professore associato presso il Dipartimento di Arti Visive e Storia dell’Arte della School of the Arts, Media, Performance and Design della York University (Toronto). Ha ricoperto incarichi presso l’Università di Manitoba, la Queen’s University e l’Ontario College of Art and Design University.

Incrociando tempi e luoghi, Leslie Korrick concentra le attività di ricerca e di insegnamento sulle intersezioni tra le arti: costruzioni culturali attraverso diverse forme d’arte, architettura, spazi urbani, collezionismo ed esposizione, relazioni arte-scienza, e studi sonori. Ha pubblicato articoli su riviste come “Word & Image” e “Early Music” e in diverse raccolte di saggi multidisciplinari. Ha tenuto conferenze in Canada, Stati Uniti, Argentina, Danimarca, Inghilterra e Italia. Attualmente sta completando un libro sui rapporti tra la pittura e la musica italiana nella teoria e pratica della prima età moderna finanziato dal Social Sciences and Humanities Research Council of Canada.

Un suo saggio legato a questo progetto apparirà prossimamente nel libro Music and Visual Culture in Renaissance Italy (Routledge, in pubblicazione). Precedentemente alla guida del soundseminar di York, un gruppo di ricerca teorico-pratica interuniversitario e multidisciplinare interessato ad esplorare il suono come mezzo di produzione artistica contemporanea e marker culturale, Leslie Korrick è attualmente membro di due gruppi di ricerca presso l’Università di Toronto: Soundscapes (Jackman Humanities Institute) e One or Many? On the Unity and Diversity of Music, Art, and Poetry in the Early Modern World (Centro per la riforma e gli studi sul Rinascimento).

Leslie Korrick ha collaborato con numerosi collettivi artistici canadesi e istituzioni culturali tra cui Mentoring Artists for Women’s Art, Plug In Institute of Contemporary Art, Art Metropole, UpArt Contemporary Art Fair, Prefix Institute of Contemporary Art, GroundSwell New Music, SoundaXis (New Music Projects), Tafelmusik, Aradia Baroque Ensemble, the Music Gallery, Art Gallery of Ontario, Winnipeg Art Gallery, Ontario College of Art and Design University e Toronto International Film Festival Group.

ARCHIVIO SESSIONI

SESSIONE 1
Controllo, Abuso, Repressione

SESSIONE 2 
Strutture di potere nell’opera
e nel teatro musicale

SESSIONE 3 
Imperialismo, Colonialismo, Decolonizzazione

SESSIONE 4 
Musica, istituzioni e potere

SESSIONE 5 
Musica e potere dopo il
Congresso di Vienna

SESSIONE 6 
Il potere dell’industria musicale

BENVENUTO & INTRODUZIONE

NICOLA SANI, Accademia Chigiana
MASSIMILIANO LOCANTO, Scientific Chair

TRASMISSIONE LIVE (UTC +1)
giovedì, 2 dicembre alle 15:00

SESSIONE 1: Controllo, Abuso, Repressione

Chair: SUSANNA PASTICCI
Università di Cassino

TRASMISSIONE LIVE (UTC +1)
giovedì, 2 dicembre alle 16:40

KEYNOTE 1: Music, Power, and the Changing Semantics of Time in the Long Nineteenth Century

AXEL KÖRNER
Universität Leipzig

TRASMISSIONE LIVE (UTC +1)
giovedì, 2 dicembre alle 17:20

IN MEMORIAM:
dedicato a Fiamma Nicolodi e Antonio Rostagno

Mila De Santis e Matteo Macinanti, testimonianze
Antonio Artese, pianoforte

TRASMISSIONE LIVE (UTC +1)
giovedì, 2 dicembre alle 18:30

n.b. il webinar su Zoom è unico per tutte le presentazioni sopra elencati

HILARY PORISS 
Northeastern University

Critical Abuse and the Death of Maria Malibran

Maria Malibran (1808-1836), la più famosa cantante d’opera del suo tempo, morì dopo una lunga e violenta sofferenza. Dal momento in cui si spense a soli 28 anni, la sua scomparsa lasciò attonito il suo vasto pubblico, interrogato dall’inspiegabile perdita del più abbagliante tra i gioielli dei teatri d’Europa. Mentre i critici prendevano di mira una serie di potenziali responsabili (il marito, i medici che non riuscirono a guarirla, il pubblico esigente), iniziò a prendere piede una spiegazione più fantasiosa secondo la quale la morte e la sofferenza dell’artista appartenessero ad un ordine naturale e prestabilito. 

La romanticizzazione della morte della Malibran finì per oscurare alcuni aspetti riprovevoli della cultura musicale del suo tempo. In particolare, durante la sua infanzia, la cantante fu soggetta a maltrattamenti da parte del padre, Manuel Garcia, per il quale la durezza della disciplina era parte integrante della formazione musicale. Questo saggio cerca di fare luce su questo trauma infantile e sugli effetti psicologici a lungo termine, anche in relazione agli ultimi giorni di vita. Il mio obiettivo è quello di esplorare alcuni aspetti della biografia della Malibran che finora sono rimasti nascosti, al fine di comprendere meglio i punti critici del contesto pedagogico di riferimento per una delle più celebri cantanti del suo tempo.

Hilary Poriss è professore associato di musica presso il Dipartimento di Musica e il College of Arts, Media and Design della Northeastern University. I suoi principali interessi di ricerca sono nell’ambito dell’opera italiana e francese del 19° secolo, la pratica esecutiva, la cultura del divismo, e l’estetica della cultura musicale del 19° secolo. È autrice di Changing the Score: Arias, Prima Donna, and the Authority of Performance (Oxford 2010), Gioachino Rossini’s Barber of Seville (Oxford 2021), e co-editore di The Fashions and Legacies of Nineteenth-Century Music (Cambridge 2011) e The Arts of the Prima Donna in the Long Nineteenth Century (Oxford 2012). Attualmente sta scrivendo una biografia di Pauline Viardot per la University of Chicago Press.

SESSIONE 2: Strutture di potere nell’opera e nel teatro musicale

Chair: FABRIZIO DELLA SETA
Università di Pavia

TRASMISSIONE LIVE (UTC +1)
venerdì, 3 dicembre alle 9:00

MARIA ROSA DE LUCA – GIUSEPPE SANFRATELLO 
Università di Catania

“Sounding” the Space: Soundscape e costruzione dell’immaginario

I codici sonori svolgono una funzione cruciale nella trasmissione delle informazioni necessarie alla comprensione del paesaggio urbano, nella costituzione di contesti e processi identitari e nella sonorizzazione di spazi cerimoniali animati da vari linguaggi espressivi (rituali, artistici, ecc.), attivando meccanismi di creazione e trasmissione dell’immaginario e della memoria culturale. In questa prospettiva possiamo intendere i “suoni” come forme di conoscenza di luoghi e contesti, e riconsiderare il ruolo della musica nella caratterizzazione dello spazio urbano e nell’elaborazione di “mappe” sonore.

Il dibattito contemporaneo sugli historical soundscape studies si è concentrato sulla tutela e la ricostruzione del paesaggio sonoro urbano, con un approccio interdisciplinare supportato dallo studio dei documenti d’archivio e di materiali iconografico-musicali, allo scopo di mettere in luce le relazioni profonde tra i suoni e la città. Inoltre, l’analisi del rapporto tra immagini, visual storytelling e arti performative contribuisce alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale, e rende necessario focalizzarsi – oggi più che mai – sulla promozione di nuove forme di innovazione etica, responsabile e sostenibile (cfr. programma Horizon Europe 2021-2027).

Il presente contributo offre un primo riscontro sui risultati del progetto OPHeLiA (Organizing Photo Heritage in Literature and Arts), incentrato sulla ricostruzione di una mappa geoculturale di un importante quartiere storico della città di Catania (San Berillo), con l’obiettivo di restituire il “sense of place” attraverso le stratificazioni visive, letterarie, sonore e performative dello spazio urbano. Il trattamento digitale e multimediale di documenti testuali, sonori e fotografici consente anche di verificare in che modo i nuovi strumenti digitali possano risultare utili nel recupero, nella ricostruzione e – dove necessario – nella re-interpretazione del paesaggio sonoro, “mappando” la città attraverso suoni e immagini nell’era della cultura visuale.

Maria Rosa De Luca è professoressa associata di Musicologia e Storia della musica nel Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania. I suoi interessi di ricerca convergono verso la storia e la storiografia della musica declinata in chiave sociale, e gli historical soundscape studies. Ha appena pubblicato un volume sulle composizioni giovanili di Vincenzo Bellini (Gli spazi del talento. Primizie musicali del giovane Bellini, Olschki, 2020). Tra le altre sue pubblicazioni, la monografia Musica e cultura urbana nel Settecento a Catania (Olschki, 2012), l’edizione critica dei Lilia campi (1627) di Domenico Campisi (Olschki, 2015), e l’edizione critica dei Mottetti sacri (1702) di Alessandro Scarlatti (Ut Orpheus, 2012). Per conto dell’Università di Catania è attualmente responsabile scientifico dei progetti “Bellininrete” e “OPHeLiA – Organizing Photo Heritage in Literature and Arts”.

Giuseppe Sanfratello si è laureato in Musicologia all’Università di Palermo con una tesi sulle tradizioni del rizìtiko e delle mandinàdhes di Creta. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Musicologia presso il SAXO Institute dell’Università di Copenaghen, con uno studio sulla tradizione orale dei canti liturgici delle colonie arbëreshe della Sicilia. I suoi interessi di ricerca riguardano l’etnomusicologia, la musica tradizionale greca e bizantina, e l’antropologia della musica. Attualmente conduce un progetto dottorale sui repertori polivocali di tradizione orale delle Isole Ionie presso il Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania, e collabora con l’Università di Copenaghen e la Ionian University di Corfù.

SESSIONE 3: Imperialismo, Colonialismo, Decolonizzazione

Chair: MARKUS ENGELHARDT
Deutsches Historisches Institut in Rom

TRASMISSIONE LIVE (UTC +1)
venerdì, 3 dicembre alle 15:00

THOMAS R. MOORE 
University of Antwerp and Royal Conservatoire of Antwerp (ARIA)

Image of the Conductor: A Case Study of Simon Steen-Andersen’s AMID

I direttori d’orchestra sono interpreti che eseguono movimenti sul palco per agevolare la comprensione musicale dei suoni percepiti dagli ascoltatori. Compositori, direttori artistici e organizzatori di concerti prestano sempre maggior attenzione ai gesti “convenzionali” del direttore d’orchestra, valutandone il potenziale sia in termini di stimoli artistici, sia come mezzo utile a migliorare la comprensione di un brano da parte del pubblico. In particolare, il compositore Simon Steen-Andersen ha utilizzato «l’immagine del direttore d’orchestra per giocare sulle aspettative del pubblico» nelle sue composizioni AMID (2004) e Black Box Music (2012). La relazione si concentra sull’analisi di AMID, con l’obiettivo di definire una prassi interpretativa del direttore d’orchestra funzionale all’esecuzione di questo pezzo, che possa poi essere eventualmente estesa anche all’esecuzione di altri pezzi simili.

AMID è una composizione per sette musicisti, i cui movimenti sono rigorosamente annotati in partitura. Per graduare il potenziale sonoro dei musicisti Steen-Andersen ha creato un’apposita scala, che spazia dal livello massimo (100%) al livello minimo (0%). Il pezzo inizia all’unisono, e si articola in base a una dialettica di incremento e decremento; man mano che la musica procede, si determina una sorta di gioco di danza tra passaggi polifonici e blocchi sonori in movimento. Steen-Andersen descrive AMID come un pezzo incentrato sul movimento, in cui ha usato una notazione basata sul gesto invece della consueta notazione incentrata sul risultato sonoro. Questo dato è particolarmente rilevante per il direttore d’orchestra poiché, come afferma il compositore, «Se hai un pezzo in movimento potresti anche non accorgertene subito, ma qui ogni movimento diventa parte del pezzo».

La ricerca è stata condotta a partire dall’analisi della partitura e da un’intervista al compositore. Successivamente, uno studente di direzione d’orchestra, un musicista professionista e io stesso abbiamo studiato il pezzo in vista dell’esecuzione e lo abbiamo provato con gli studenti del Reale Conservatorio di Anversa. Durante le prove ho osservato attentamente gli altri due direttori e ci siamo assistiti a vicenda, per poter sviluppare una prassi esecutiva condivisa. In questa relazione presento le conclusioni di questa esperienza: una descrizione completa del processo, un’analisi dettagliata della prassi esecutiva, una discussione delle sue motivazioni artistiche e socio-economiche, e i metodi per poterla applicare alla direzione di altre opere simili.

Thomas Moore si è laureato alla Indiana University nel 2002 per poi trasferirsi in Europa, dove ha conseguito una seconda laurea in trombone alla Utrecht School of the Arts (2003) e un Master al Reale Conservatorio di Anversa (2006). È direttore e trombonista nel Nadar Ensemble, membro dell’orchestra del Theater des Westens di Berlino, e collabora regolarmente con ChampdAction, Spectra Ensemble e Ictus Ensemble. Come solista, ha interpretato opere in prima esecuzione assoluta in vari festival internazionali come ISCM World Music Days, Arte No Tempo, Darmstadt New Music Summer Course, Porto Franko, // hcmf, ZXZW, Time of Music e Images Sonores. Ha diretto l’Orchestra dell’Aviazione Reale Olandese, ed è stato assistente del direttore musicale di Les Misèrables e direttore musicale del musical olandese di successo Soldaat van Oranje. Nel 2018 ha iniziato un dottorato presso l’Università e il Reale Conservatorio di Anversa su un progetto finalizzato a “ridefinire il ruolo del direttore d’orchestra nella nuova musica”, in prospettiva artistica e socio-economica.

Per ulteriori informazioni: www.thomasrmoore.co.uk

KEYNOTE 2: Palchi reali nei teatri italiani del primo Ottocento: spazi, pratiche, significati

CARLOTTA SORBA
Università di Padova

TRASMISSIONE LIVE (UTC +1)
sabato, 4 dicembre alle 9:30

SESSIONE 4: Musica, istituzioni e potere

Chair: ESTEBAN BUCH
École des hautes études en sciences sociales

TRASMISSIONE LIVE (UTC +1)
sabato, 4 dicembre alle 10:10

n.b. il webinar su Zoom è unico per tutte le presentazioni sopra elencati

JEROEN VAN GESSEL 
State University Groningen, The Netherlands

«Da ward mein Auge wach»: Filmed Performances of Schubert’s Winterreise and the Tradition of Visualizing Schubert Songs

Attualmente sono disponibili in commercio non meno di cinque DVD che offrono una qualche forma di resa visiva del ciclo liederistico Die Winterreise di Schubert (senza contare tutti i filmati di concerti disponibili): dalle semplici esecuzioni filmate in studio a versioni filmiche quasi indipendenti, liberamente basate su elementi della narrazione del ciclo. Ciò che tutti questi filmati condividono è l’obiettivo, a volte anche dichiarato esplicitamente, di migliorare l’esperienza d’ascolto del più famoso ciclo di Lieder di Schubert. In realtà, esiste una lunga tradizione di resa visiva dei Lieder di Schubert che risale alla fine del XIX secolo. Questa tradizione non solo è rimasta in gran parte sconosciuta ma può anche risultare sorprendente, dato che nella musicologia storica è assai diffusa la convinzione che la combinazione di musica e testo avrebbe esaurito le potenzialità interpretative di questo repertorio vocale, a differenza della musica strumentale dello stesso autore. La relazione si propone di far luce su queste realizzazioni visive e sul loro rapporto con l’immagine più convenzionale di Schubert. Questo excursus storico fa da sfondo a una rivisitazione del rapporto tra musica e testo in Die Winterreise alla luce di alcuni video; in particolare, viene analizzata l’esecuzione del tenore Ian Bostridge con il pianista Julius Drake, filmata dal regista David Alden. Prendendo spunto dalle teorie di Michel Foucault e Giorgio Agamben, la relazione intende non solo fornire alcuni spunti di riflessione sugli effetti della visualizzazione di Die Winterreise e di altri Lieder di Schubert, ma anche proporre alcune strategie per analizzarli.

Jeroen van Gessel ha studiato organo al Conservatorio di Utrecht e musicologia all’Università di Utrecht, dove ha conseguito il dottorato di ricerca nel 2001 con una tesi sui concorsi di composizione della Società olandese per la promozione della musica (1829-1879). Tra le sue pubblicazioni figurano saggi sulla storia e l’impatto delle tecnologie di registrazione, studi di carattere metodologico e monografie sulla storia dell’Opéra di Strasburgo (1886-1944) e sull’esperienza privata della musica nei Paesi Bassi del XIX secolo.

SESSIONE 5: Musica e potere dopo il Congresso di Vienna

Chair: MASSIMILIANO LOCANTO
Università di Salerno

TRASMISSIONE LIVE (UTC +1)
sabato, 4 dicembre alle 15:00

SESSIONE 6: Il potere dell'industria musicale

Chair: STEFANO JACOVIELLO
Università di Siena

TRASMISSIONE LIVE (UTC +1)
sabato, 4 dicembre alle 16:40

n.b. il webinar su Zoom è unico per tutte le presentazioni sopra elencati

GIACOMO ALBERT – GIANFRANCO VINAY 
Università di Bologna – Université Paris 8

Nei deserti di Varèse e di Viola

Nell’ottobre del 1994, a Vienna, durante un’esecuzione di Déserts di Varèse venne proiettato per la prima volta il video commissionato dall’Ensemble Modern a Bill Viola; da quel momento in poi, il successo e l’originalità di questo abbinamento ha fatto sì che l’operazione sia stata ripresa molto spesso, sia in versione live sia con supporto musicale registrato. In assenza del film che Varèse avrebbe voluto realizzare, nell’immaginario collettivo il video di Viola è diventato una sorta di sostituto, quasi un compimento postumo. Del progetto originario di Varèse ci restano pochi documenti, ma sufficienti per farci avere un’idea delle sue intenzioni. Fra queste, il principio secondo il quale «immagini, sequenze saranno impiegate per ottenere piani e volumi che verranno organizzati e composti in modo da ottenere un montaggio finale che si adatti alla costruzione musicale preesistente» (da una lettera a Merle Armitage del luglio 1952). Da un’altra testimonianza verbale sappiamo che il principio fondamentale che Varèse aveva posto alla base della tecnica compositiva di Déserts era proprio l’opposizione fra “piani” e “volumi” sonori, fra “intensità” del risultato acustico e “tensione” delle ampiezze intervallari. Se l’intenzione di Varèse era quella di creare delle relazioni con le immagini visive basate sulle tensioni e sulle opposizioni fra le immagini musicali, il risultato sarebbe stato sicuramente diverso da quello ottenuto da Bill Viola. Nel video-film di Viola, infatti, la gestione del tempo e il montaggio degli episodi corrispondenti alle sezioni strumentali di Déserts non rispecchiano, salvo qualche rara eccezione, «la costruzione musicale preesistente», ma si pongono in una sorta di contrappunto con essa. È pur vero che in una lettera inviata alla figlia Claude nel giugno del 1949 Varèse parla di un progetto di film su Déserts in collaborazione con Burgess Meredith, attore, regista e produttore, nel quale le immagini visive avrebbero «assecondato o contraddetto la partitura». Del resto, anche l’opposizione spazio-temporale fra le sequenze corrispondenti agli episodi strumentali e quelle corrispondenti alle interpolazioni di musica concreta, di «suono organizzato», segue una logica diversa da quella varèsiana. Laddove nella composizione di Varèse certe relazioni analogiche fra suoni strumentali e suoni organizzati (talvolta gli stessi, ad esempio le percussioni) creano un rapporto concertante fra i due universi sonori, nel video-film di Viola la contrapposizione fra sequenze per lo più rapide di immagini desertiche, e sequenze en rallenti delle azioni del personaggio ripreso nello spazio interno della stanza, realizza un rapporto dialettico fra deserti esterni e deserti interiori: dimensioni che però tendono a fondersi, nell’incedere verso la sequenza finale. Naturalmente Déserts di Viola va visto e interpretato anche e soprattutto come un passo importante nella carriera del video-artista newyorkese. Se lavorare a partire da un capolavoro della musica è un episodio isolato rispetto al suo modus operandi, la presenza di immagini e di topoi che ricorrono ossessivamente nella sua produzione precedente e successiva riconducono il video-film nell’alveo della sua costellazione poetica. Non si tratta né di una ricostruzione più o meno filologica, né di un’opera indipendente vagamente ispirata a un’opera precedente, ma piuttosto di ciò che Salvatore Sciarrino chiamerebbe «elaborazione»: un dialogo serrato fra un’opera preesistente e l’immaginario di un creatore, fra i mondi poetici di due artisti visionari.

Giacomo Albert è assegnista di ricerca presso il CRICC dell’Università di Bologna e docente al Conservatorio di Cuneo. Ha pubblicato numerosi articoli in libri e riviste internazionali, e di recente un volume sulla relazione tra musica e videoarte. È specializzato nello studio di musiche e prassi compositive dei secoli ventesimo e ventunesimo, musica elettronica, sound art, audiovisione e modellazione computazionale delle strutture musicali. È membro del comitato scientifico del CIRMA (Centro di Ricerca su Multimedia e Audiovisivo) dell’Università di Torino, e dei comitati editoriali delle riviste «Mimesis Journal», «Gli Spazi della Musica», «Nuove Musiche», «Sound Stage Screen». Accompagna gli studi scientifici con un’attività di compositore ed esecutore di musica elettronica, performance audiovisive e installazioni sonore; le sue opere sono state eseguite in Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Danimarca, Germania, UK, USA, Canada e Australia.

Gianfranco Vinay ha insegnato Storia della Musica al Conservatorio di Torino dal 1974 al 1992. Dopo il suo trasferimento a Parigi, ha insegnato al dottorato di ricerca in «Musique et Musicologie du XXème siècle» istituito dall’IRCAM/CNRS (1994-98). Dal 2003 al 2013 è stato Maître de conférences HDR al Dipartimento di musica dell’Università di Paris 8. Ha pubblicato numerosi studi di carattere storico, analitico ed ermeneutico sulla musica del ventesimo secolo, spaziando tra diversi repertori (musica americana francese, italiana e russa) e temi di ricerca (relazioni tra musica e danza; commedia musicale; interpretazione musicale). Tra le sue monografie: Stravinsky Neoclassico. L’invenzione della memoria nel ‘900 musicale (Marsilio, 1987), Charles Ives et l’utopie sonore américaine (Michel de Maule, 2001), Immagini gesti parole suoni silenzi. Drammaturgia delle opere vocali e teatrali di Salvatore Sciarrino (Accademia Nazionale di Santa Cecilia/Ricordi, 2010). Alla ricerca musicologica ha affiancato una ricerca artistica incentrata sui rispecchiamenti fra immagini musicali e immagini visive (cfr. il catalogo di una recente mostra a Bruxelles: À travers le miroir – Through the Mirror, Delatour France, 2019).

DOMANDE PER GLI SPEAKERS

È possibile porre domande agli speakers prima delle sessioni live. Per fare una domanda in merito ad una qualsiasi delle presentazioni, cliccare sul pulsante e compilare il modulo. Le domande verranno inviate al Chair di ogni sessione. 
Il modulo può essere compilato più volte.